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La pastiera
Maria Fanizza
Ho preparato per la Pasqua “una pastiera” perché è un dolce antico, profumato di cannella e acqua di rose. E’ antico per gli ingredienti grano saraceno, ricotta e canditi, oltre a quelli tradizionali: uova, latte, farina e zucchero. Al sud si impasta in occasione della Pasqua, infatti il grano ha una simbologia liturgica precisa. Le chiese vengono addobbate di pianticelle di grano tenero, nate al buio delle navate, trasparenti quasi bianche, esili e delicate. Quando ero bambina mia madre, per l’occasione, preparava anche dieci pastiere e così facevano le donne di famiglia. Le pastiere poi si regalavano a parenti e amici scambiandosi sapori e profumi. Si assaggiavano e si confrontavano e così in ogni casa.
E’ un dolce napoletano di origine araba. Questo non lo so con certezza ma lo suppongo, almeno così mi piace pensare e mi immagino cucine soleggiate, dalle pareti bianche abbaglianti con le mattonelle di Vietri dai colori brillanti, chiassose e tenere, su cui si lasciano a riposare decine di torte appoggiate al tavolo e a ogni piano utile. Cucine strabordanti di pastiere, cucine allegre sommerse di profumi. Per molti anni mi sono sentita esclusa dal rito della preparazione, prima attratta da altri incantesimi, poi considerandolo troppo difficile. Un giorno ho provato e il risultato è stato sorprendente. Anche con la scrittura è andata pressappoco così. E’ un dolce femminile, sensuale per la fragranza e la delicatezza, si prepara con amore per le persone che ci sono vicine e io l’ho impastato per voi perché sento di condividere una passione dolce e seducente come quella per la parola scritta, a cui vorrei aggiungere anche quella per la pastiera napoletana.