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«Roma Pittrice. Artiste al lavoro tra XVI e XIX secolo Fanizza Maria
Una giovane donna, dalla mantella nera, scura e lucente come la pesante massa di capelli castani, rivolge i suoi occhi oltre il limite del quadro, verso lo spettatore. È uno sguardo consapevole, fermo, fermo come l’invisibile mano che sorregge la tavolozza e i pennelli. È l’autoritratto di una donna, ma è anche l’orgogliosa dichiarazione dello status di un’artista. Dipinta da Emma Gaggiotti nel 1851, l’opera riassume, con uno sguardo, il senso della mostra «Roma Pittrice. Artiste al lavoro tra XVI e XIX secolo » , da oggi visibile presso il Museo di Roma a Palazzo Braschi. Quattro secoli di pittura al femminile, cinquantasei artiste e oltre centotrenta opere, tra cui molte esposte per la prima volta, per una grande esposizione che svela, accanto a nomi celebrati della storia dell’arte, numerose figure, come la stessa Gaggiotti, notissime all’epoca, poi dimenticate,oppure ancora, artiste invisibili, del tutto da indagare.
Ad aprire la rassegna, ospitata a Palazzo Braschi fino al 23 marzo, è una mappa ottocentesca di Roma, sui cui rioni e sulle cui vie, il visitatore potrà visualizzare, in un percorso che attraversa i secoli, gli studi e le abitazioni delle pittrici qui esposte. Troviamo sulla mappa — grazie al lavoro di ricerca delle curatrici della mostra, Ilaria Miarelli Mariani e Raffaella Morselli, con la collaborazione di Ilaria Arcangeli — la bottega di Artemisia Gentileschi in via Paolina, mentre la casa-atelier di Angelika Kauffmann era, dal 1782, in via Sistina. Un’intera sala della mostra è dedicata alla Kauffmann, artista di fama internazionale, unica donna, insieme a Mary Moser, tra i fondatori della Royal Academy diLondra. La sua «Giovinetta in veste di baccante», del 1801, ne evidenzia le doti di delicata ritrattista. Andando a ritroso nel tempo, un altro autoritratto ci offre lo sguardo di Lavinia Fontana «pittora singolare al pari delli primi huomini » che, nel 1575, si dipinge, a olio su rame, mentre suona la spinetta. Autoritratti, nature morte, paesaggi, pittura di storia: con il passare del tempo si schiudono nuove possibilità di espressione anche per le artiste. Senza dimenticare l’architettura, testimoniata in mostra dai progetti per la Villa del Vascello ideata dall’“ architettrice”, disegnatrice e pittrice Plautilla Bricci. Nota soprattutto nel campo della miniatura era invece Maria Felice Tibaldi, la cui «Cena in casa del fariseo » , del 1748, copia, di straordinaria qualità pittorica, di un dipinto del marito Pierre Subleyras, fu la prima opera di un artista vivente a essere acquistata da Benedetto XIV per la neonata Pinacoteca Capitolina. Un primato tutto al femminile.
come la pesante massa di capelli castani, rivolge i suoi occhi oltre il limite del quadro, verso lo spettatore. È uno sguardo consapevole, fermo, fermo come l’invisibile mano che sorregge la tavolozza e i pennelli. È l’autoritratto di una donna, ma è anche l’orgogliosa dichiarazione dello status di un’artista. Dipinta da Emma Gaggiotti nel 1851, l’opera riassume, con uno sguardo, il senso della mostra «Roma Pittrice. Artiste al lavoro tra XVI e XIX secolo » , da oggi visibile presso il Museo di Roma a Palazzo Braschi. Quattro secoli di pittura al femminile, cinquantasei artiste e oltre centotrenta opere, tra cui molte esposte per la prima volta, per una grande esposizione che svela, accanto a nomi celebrati della storia dell’arte, numerose figure, come la stessa Gaggiotti, notissime all’epoca, poi dimenticate,oppure ancora, artiste invisibili, del tutto da indagare.
Ad aprire la rassegna, ospitata a Palazzo Braschi fino al 23 marzo, è una mappa ottocentesca di Roma, sui cui rioni e sulle cui vie, il visitatore potrà visualizzare, in un percorso che attraversa i secoli, gli studi e le abitazioni delle pittrici qui esposte. Troviamo sulla mappa — grazie al lavoro di ricerca delle curatrici della mostra, Ilaria Miarelli Mariani e Raffaella Morselli, con la collaborazione di Ilaria Arcangeli — la bottega di Artemisia Gentileschi in via Paolina, mentre la casa-atelier di Angelika Kauffmann era, dal 1782, in via Sistina. Un’intera sala della mostra è dedicata alla Kauffmann, artista di fama internazionale, unica donna, insieme a Mary Moser, tra i fondatori della Royal Academy diLondra. La sua «Giovinetta in veste di baccante», del 1801, ne evidenzia le doti di delicata ritrattista. Andando a ritroso nel tempo, un altro autoritratto ci offre lo sguardo di Lavinia Fontana «pittora singolare al pari delli primi huomini » che, nel 1575, si dipinge, a olio su rame, mentre suona la spinetta. Autoritratti, nature morte, paesaggi, pittura di storia: con il passare del tempo si schiudono nuove possibilità di espressione anche per le artiste. Senza dimenticare l’architettura, testimoniata in mostra dai progetti per la Villa del Vascello ideata dall’“ architettrice”, disegnatrice e pittrice Plautilla Bricci. Nota soprattutto nel campo della miniatura era invece Maria Felice Tibaldi, la cui «Cena in casa del fariseo » , del 1748, copia, di straordinaria qualità pittorica, di un dipinto del marito Pierre Subleyras, fu la prima opera di un artista vivente a essere acquistata da Benedetto XIV per la neonata Pinacoteca Capitolina. Un primato tutto al femminile.